Qualche mese fa l’Assessore Balboni ha presentato il progetto di forestazione periurbana denominato la “Selva di Bradamante”, in cui le ottime esposizioni fatte dalle relatrici, hanno permesso di conoscere gli elementi tecnico/scientifici che sono alla base della redazione del progetto vero e proprio, senza però dissipare del tutto i dubbi relativi al meccanismo adottato per finanziare tale impegno. L’uso dei cosiddetti Crediti Certificati di Carbonio.
L’Assessore Balboni dovrebbe sapere meglio di chiunque altro che il mercato dei Crediti Certificati di Carbonio sia molto controverso e sicuramente non determinante nella strategia complessiva della lotta ai cambiamenti climatici.
Come funziona il sistema dei crediti? Ogni credito costa 60 euro e rappresenta l’equivalente della emissione di una tonnellata di CO2 non emessa o assorbita in un progetto ecologico.
Il tema della corretta gestione del sistema dei Crediti fa riferimento al report “Guidelines for National Greenhouse Gas Investories” all’interno del quale sono stabiliti i criteri della corretta contabilizzazione dei contributi delle emissioni di gas serra e delle capacità di assorbimento dei settori agricolo e forestale redatto dall’IPCC l’organismo scientifico aperto a tutti i Paesi membri dell’ONU (intergovernativo) che passa in rassegna e valuta le più recenti informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche prodotte a livello mondiale per la comprensione dei cambiamenti climatici.
I maggiori acquirenti di Crediti Certificati di Carbonio:
1) le maggiori compagnie aeree da Air France a Ryanair ad American Airlines ad Iberia;
2) i principali produttori di petrolio e gas quali British Petroleum, Saudi Aramco, Chevron, Gazprom;
3) le maggiori multinazionali globali.
Nel 2020 Microsoft ha acquistato crediti per 1,3 milioni di tonnellate di CO2, Facebook per 145 mila, Google per 8 milioni negli ultimi 5 anni.
Tutto questo ha un solo significato: il meccanismo dell’acquisto dei Crediti Certificati di Carbonio mantiene inalterato lo squilibrio ambientale cumulato e non inverte la dinamica di accumulo della CO2 nell’atmosfera.
Una metodologia che non stimola le politiche di riconversione eco-compatibile dei sistemi produttivi delle industrie e dei settori energivori mentre è evidente che si debba investire e sostenere processi e adottare procedure che puntino sempre di più sul ricorso all’uso di energie da fonti rinnovabili.
La segreteria dell’unione comunale del Partito democratico di Ferrara, in continuità con i programmi già avviati negli anni precedenti e incardinati nei progetti Air Break e Perfect, che continuano ad essere alla base delle scelte di politica ambientale anche dell’attuale Amministrazione, sollecita la rivalutazione dell’ipotesi del recupero del progetto del Parco Sud, progetto che avrebbe già messo a disposizione in Città ben 160 ettari di verde pubblico nella zona adiacente all’aeroporto.
Un’area sulla quale, ad oggi, si sarebbe già potuto realizzare una vera e propria forestazione urbana con la piantumazione di circa 160.000 piante.
Nella nostra visione di prospettiva della forestazione della Città per una decisiva lotta ai cambiamenti climatici, vogliamo che vengano inclusi anche i territori più periferici al Centro quindi le Frazioni perché la Città non si risolve solo nel suo Centro Storico.
Nel nostro progetto di forestazione urbana vogliamo inserire due elementi fondamentali/qualificanti in una logica di integrazione delle funzioni che vada oltre alla sola cattura della CO2 necessaria per contrastare gli effetti nefasti del riscaldamento globale, ma anche al suo utilizzo quali luoghi del benessere e di cura di alcune patologie come quelle oncologiche sulla scorta delle esperienze dei Maggies Centers già ampiamente sviluppati in Gran Bretagna.
Ad immaginarne la nascita fu l’architetto Maggie Keswick Jencks che, ammalatosi di cancro, si rifiutò di lasciare il proprio ambiente per seguire le necessarie cure. Di qui la decisione di progettare spazi di assistenza confortevoli e a misura d’uomo, a supporto dei pazienti e dei loro familiari. Maggie Keswick Jencks ed il marito Charles Jencks, noto architetto del paesaggio, ritenevano che, contrariamente alla tipica atmosfera di una clinica dove l’intento terapeutico rappresenta l’anima fondamentale della struttura, bisognasse trovare soluzioni architettoniche luminose, accoglienti e stimolanti nonostante tutte le esigenze di funzionalità, atte a suscitare ottimismo.
Il secondo riguarda lo studio di un progetto di forestazione degli argini del Po che dovrebbe coinvolgere tutte le amministrazioni Comunali rivierasche coinvolgendo la Provincia di Rovigo in perfetta sintonia con gli auspici contenuti nel recente Patto per il Lavoro ed il Clima – Focus Ferrara che sollecitano iniziative comuni tra le due Province per la promozione di progetti che valorizzino i territori e le loro economie.
Il progetto in questione potrebbe trovare collocazione all’interno delle linee di indirizzo contenute nel PNRR alla Missione 2 in favore della “Rinaturazione delle aree del Po” collegando in maniera organica tutte le aree naturalistiche già presenti ed ampliandone i confini.
L’ambizione è quella di realizzare intorno alle due sponde un vero e proprio polmone verde che se fosse adottato da tutte le regioni che si affacciano sul Po potrebbe innestare nella Valpadana una vera e propria foresta interregionale a beneficio di una delle zone più compromesse, da un punto di vista ambientale, di tutta Europa.
Ferrara ha tutte le potenzialità per diventare la capitale europea della sostenibilità!
Giorgio Scalabrino Sasso
Referente Ambiente
Segreteria Unione Comunale PD Ferrara