Il testo integrale dell’interrogazione dei senatori del Pd Rita Ghedini, Maria Teresa Bertuzzi, Luigi Manconi, Leana Pignedoli e Sergio Lo Giudice, che hanno rivolto ad Angelino Alfano per “sapere se risponda al vero la notizia di un rientro in servizio a gennaio 2014 di 3 dei 4 agenti condannati per l’omicidio Aldrovandi e, in caso affermativo, con quali funzioni”.
Premesso che:
il 21 giugno 2012 la IV sezione della Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva a 3 anni e 6 mesi gli agenti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri: i quattro agenti sono colpevoli dell’omicidio colposo di Federico Aldrovandi, studente ferrarese di 18 anni, morto in via Ippodromo a Ferrara all’alba del 25 settembre 2005, dopo una violenta colluttazione;
il 18 marzo 2013, Monica Segatto, detenuta nel penitenziario di Padova, è stata scarcerata dal giudice di Sorveglianza che ha accolto il ricorso presentato ai sensi della legge 26 novembre 2010, n. 199, conosciuta come “svuota – carceri”;
la legge consente la detenzione domiciliare per pene non superiori ai 18 mesi: l’agente ha scontato i 6 mesi residui (per via dell’indulto) della condanna a 3 anni e 6 mesi per eccesso colposo nell’omicidio colposo del diciottenne, morto durante un controllo di polizia;
considerato che:
si è appreso in questi giorni che la Procura regionale della Corte dei Conti dell’Emilia Romagna ha formalizzato la contestazione di un’ipotesi di danno patrimoniale agli agenti condannati in via definiva per eccesso colposo nell’omicidio di Federico Aldrovandi, per il risarcimento che il Ministro dell’Interno ha pagato ai familiari del giovane ferrarese morto nel 2005;
la cifra relativa al danno erariale è di 1.870.934 euro. Gli agenti condannati, con un atto di “contestazione di responsabilità ed invito a dedurre”, sono stati chiamati a replicare alla contestazione e hanno 30 giorni di tempo per provvedervi;
all’esito delle repliche, qualora la Procura della Corte dei Conti non si ritenesse soddisfatta, i quattro agenti saranno citati in giudizio davanti alla Corte;
rilevato che:
l’azione di regresso arriva al termine di un percorso giudiziario e disciplinare per cui i quattro agenti della Polizia di Stato sono stati dapprima condannati con sentenza passata in giudicato a tre anni e mezzo di reclusione (poi divenuti sei mesi per via dell’indulto) e, successivamente, a sei mesi di sospensione dal servizio per provvedimento disciplinare,
nonostante la comprovata inadeguatezza dell’intervento sanzionata nei processi, secondo fonti della Commissione disciplinare del Dipartimento della Pubblica sicurezza e notizie di stampa risalenti già ad aprile 2013, sembra che tre dei quattro agenti abbiano ripreso servizio a gennaio 2014 ovvero riprendano servizio nel breve termine;
il Dipartimento della Polizia di Stato fa sapere che ai quattro agenti è stata inflitta la sanzione maggiore ossia la sospensione dal servizio per sei mesi, dopo la quale vi è solamente la destituzione;
lunedì 6 gennaio 2013 è andata in onda, su Rai Tre, una puntata del programma “Presa diretta” titolata “Morti di Stato”, nell’ambito della quale il Vice Capo della Polizia, Alessandro Marangoni, a domanda del giornalista Riccardo Iacona, ha dichiarato che tra omicidio colposo dovuto ad un investimento stradale e l’omicidio colposo di Aldrovandi, il regolamento disciplinare non fa distinzioni e che – soprattutto – non prevede la destituzione di chi è stato dichiarato colpevole per un così grave reato;
valutato che:
da marzo 2013 ad oggi, continue e diversificate sono state le iniziative assunte da parte del Coisp (Coordinamento per l’indipendenza sindacale delle forze di polizia) di solidarietà ai quattro agenti condannati da un lato, e di stigmatizzazione nei confronti di Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, così come di organi di stampa e di chiunque abbia preso voce sul “caso” senza difendere gli agenti condannati della Polizia di Stato, dall’altro;
dopo 8 anni di indagini e la sentenza definitiva, notevoli sono gli effetti che la sentenza della Corte di Cassazione ha determinato e continua a determinare nella comunità ferrarese e nel Paese;
il “caso Aldrovandi” ha posto questioni di rilievo nazionale circa l’identificabilità e la responsabilità degli agenti della Polizia di Stato al fine di preservare la credibilità della loro azione e del corpo di Polizia tutto;
occorre mantenere una posizione istituzionale che, proteggendo la memoria di Federico Aldrovandi, difenda la pace e la coesione della comunità ferrarese e l’immagine della Polizia di Stato;
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali siano le sue valutazioni in merito alla situazione;
se risponda a verità la notizia del rientro in servizio degli agenti condannati e, in caso affermativo, in quali funzioni;
se il Ministro in indirizzo non ritenga che il rientro in servizio degli agenti costituisca circostanza incompatibile con il ruolo e la funzione di agente di pubblica sicurezza, in assenza del presupposto imprescindibile – per ogni singolo cittadino così come per la comunità tutta – dell’affidabilità piena delle persone chiamate a ricoprire la qualifica di pubblico ufficiale.