di Davide Nanni – Consigliere Comunale PD Ferrara
La destra ferrarese continua ad agitare in maniera strumentale il criterio di “residenzialità storica” per ottenere un alloggio popolare, dimenticando quello che non ha fatto in questi anni: garantire davvero una casa dignitosa a chi ne ha bisogno. L’ultima, in ordine di arrivo, è la meloniana Laura Scaramagli che tesse le lodi di una giunta “portatrice dei diritti e degli interessi delle persone di questo territorio”.
Peccato che i fatti, in questi ultimi cinque anni, dimostrino l’esatto contrario: nel 2019, appena insediato, il sindaco Fabbri ha cercato di imporre un nuovo regolamento per l’assegnazione delle case popolari che il Tribunale di Ferrara, nel luglio 2021, ha ordinato di modificare in quanto eccessivamente discriminatorio.
Nel provvedimento viene evidenziato che “secondo il criterio fissato dal Comune, un richiedente privo di qualsiasi particolare situazione di bisogno, per il solo fatto di essere residente in Ferrara da più di 16 anni sopravanzerebbe una famiglia che vive in condizioni inidonee, la famiglia in situazione di povertà e sotto sfratto e addirittura quella seguita dai servizi sociali per particolari situazioni di bisogno”.
Altro che tutela di “diritti e interessi”: i criteri voluti da Fabbri erano un vero insulto al sacrosanto principio di equità sociale, all’art. 3 della nostra Costituzione. E così il Comune di Ferrara, oltre a rivedere il regolamento secondo l’ordinanza della magistratura, ha dovuto sostenere onerose spese processuali, pagate da tutti noi, per una richiesta di sospensiva puntualmente respinta in Appello nel 2022.
Nel frattempo le graduatorie per l’assegnazione di alloggi popolari sono rimaste bloccate e hanno subito ritardi nella pubblicazione, a causa dell’iter processuale. Insomma, ciò che Scaramagli rivendica come azione “competente e attenta”, in realtà, ha prodotto un doppio danno ai cittadini ferraresi che si volevano tutelare. Dove sta la serietà? Sicuramente non è di casa in Fratelli d’Italia, che continua a raccoglie firme per “difendere la residenzialità storica” in Emilia-Romagna nonostante l’80% degli alloggi popolari siano abitati da famiglie italiane, raccontando una colossale bugia agli elettori.
Il requisito di “storicità della residenza” per iscriversi alle graduatorie ERP nella nostra Regione non è stato affatto cancellato ma ridimensionato – eliminando la possibilità di duplicarlo quale elemento di premialità aggiunta – nel rispetto di alcune sentenze emesse dalla Corte Costituzionale contro le norme sulla casa scritte dalla destra in Lombardia, Marche, Liguria, Abruzzo e Valle d’Aosta. Il presunto “buonsenso” delle politiche abitative targate Lega e Fratelli d’Italia è stato sbugiardato anche in Veneto, dove la Consulta è intervenuta con sentenza depositata il 22 aprile 2024.
Ancora una volta si ribadisce che “non si ravvisa alcuna ragionevole correlazione fra l’esigenza di accedere al bene-casa, ove si versi in condizioni economiche di fragilità e la pregressa e protratta residenza, comunque la si declini, nel territorio regionale”. Noi pensiamo che la casa sia un diritto di chi ne ha bisogno: un’Amministrazione davvero seria e competente dovrebbe investire risorse per recuperare i quasi 800 alloggi popolari vuoti presenti oggi a Ferrara, in modo da ridurre le liste di attesa, e implementare il patrimonio di edilizia pubblica evitando guerre tra poveri.
L’Emilia-Romagna nell’ultimo triennio ha investito 10 milioni di euro in queste operazioni, il Comune di Ferrara appena un milione. Le priorità, evidentemente, non erano quelle indicate nei manifesti elettorali che da mesi tappezzano la città.