di Renato Finco (Segretario Comunale PD Ferrara)
I processi di riforma dei livelli istituzionali in corso nel nostro Paese stanno alimentando una grande discussione, e non solo a Ferrara, che fa emergere tanti punti di vista e svariate opinioni sulle proposte in campo. Tutte importanti e legittime. Discutere fa bene, in particolare, nei momenti di grande cambiamento o di passaggio da una forma istituzionale conosciuta ad un’altra ancora da costruire e da verificare nel suo funzionamento.
Mi chiedo se il pescatore di Goro o l’ingegnere della VM di Cento, l’insegnante della scuola o l’agricoltore di Argenta o l’operatore turistico di Ferrara, il professionista o il cassintegrato siano interessati da questa discussione e quale soluzione ai problemi quotidiani possano trarne.
E’ bene ricordare ed essere consapevoli, tuttavia, che la fase attuale è segnata da una peculiarità diversa dai processi precedenti. Oggi, infatti, siamo chiamati a confrontarci non per decidere di un nuovo livello istituzionale ma, al contrario, per ridurne il numero cercando di trovare, possibilmente, un nuovo assetto e un nuovo punto di equilibrio.
La consapevolezza di questo passaggio pare determinante nel considerare l’attuale fase tutta nuova e tutta da esplorare. E dunque la prudenza e la saggezza devono farci da guida in questo percorso sconosciuto.
Ciò che vorrei non succedesse, invece, è fare una discussione con la Regione di cosa sarà la provincia di Ferrara o di Piacenza o di Bologna esclusivamente in base al fatto che essendoci meno risorse per mantenere le strutture istituzionali conosciute, noi ci lanciassimo in spericolate proiezioni senza valutare in modo approfondito i punti di forza e di debolezza di ogni nostra realtà provinciale, Bologna compresa che è diventata nel frattempo Città metropolitana.
Non si tratta, quindi, di lasciarci prendere dal panico azzardando ipotesi infondate come quelle che vedrebbero il nostro territorio smembrato, in ambito sanitario, e io sarei tra quelli che contrasterebbe tale ipotesi ma, al contrario, di decidere assieme ai nuovi organismi regionali come riorganizzare livelli e funzioni a partire dal mantenimento dell’unitarietà dei territori.
Le “geometrie variabili” nella pratica consolidata a livello europeo indicano la possibilità di un approccio diversificato ad alcune politiche e ad alcuni problemi condivisi.
Ecco credo che la definizione di “geometrie variabili” applicata alla soluzione delle problematiche del nostro territorio possa essere efficace ed è altrettanto ovvio che nei settori deboli o siamo in grado di rafforzarci o soccomberemo nel confronto.
E allora il punto è il seguente: ma Ferrara può far valere punti di eccellenza in alcuni ambiti? Può farlo per alcuni settori produttivi? Io do una risposta positiva e penso che dobbiamo partire da questa discussione. Approfondendo e alla fine scegliendo cosa fare.
Quale può essere, dunque, il “marchio di qualità” ferrarese sul quale basare questa riflessione?
Ad esempio, Ferrara è l’unico territorio nazionale che ha il riconoscimento UNESCO per la città, il territorio e la costa.
Certo, questo significa non guardare in una sola direzione; cioè solo verso Bologna anche se mi rendo conto che con il capoluogo di regione noi ferraresi abbiamo molte relazioni (infrastrutture aeroportuali, ferroviarie, trasportistiche su gomma, fiera) utilizzate dai nostri cittadini ma anche attività e scambi di relazioni industriali, di lavoro per migliaia di cittadini, di servizi pubblici, ecc.
Nel contesto attuale però, come ho già detto, i nodi da sciogliere sono ancora numerosi e dunque per opportunità, sarebbe addirittura sbagliato guardare verso una sola direzione.
Le incognite ancora aperte, tanto per citarne alcune, riguardano la città metropolitana, le riorganizzazioni dei settori e delle funzioni fino a pochi mesi fa in capo alle province e che nell’arco di qualche mese dovranno trovare un nuovo assetto e una nuova configurazione tra i diversi livelli istituzionali rimasti e le unioni dei comuni.
Tutte queste opportunità che ad esempio ho citato potrebbero essere approfondite con la Regione per migliorare i collegamenti, sia per passeggeri che per merci, anche attraverso investimenti migliorativi e implementativi in un’ottica di scambio positivo per Ferrara anche nel campo del reinsediamento di attività imprenditoriali. Inoltre, dato che Ferrara confina con altri territori della regione, alcuni dei quali ormai indisponibili se non impossibilitati ad offrire aree industriali e/o artigianali il vantaggio, dal momento che noi invece disponiamo di aree bonificate e di aree attrezzate, per il nostro territorio sarebbe evidente.
Stesso ragionamento, per analogia, può essere sviluppato in diversi settori come in quello turistico culturale e ambientale, nell’agro alimentare, in quello chimico o della industria meccanica di precisione, dove cioè possonoemergere delle eccellenze e delle specializzazioni e conseguentemente profili professionali di manodopera importanti. E dunque qualità del lavoro e formazione professionale.
Pertanto non si tratta di definire nuovi assetti geografici: questo sarebbe un errore madornale anche per il peso che potrebbe avere la storia di ognuna delle realtà territoriali. Si tratta invece di valutare come ogni singolo territorio provinciale potrà collaborare e misurarsi con gli altri e in alcuni settori guardando anche fuori dai confini regionali mettendo in campo le capacità, le competenze e le eccellenze che ognuno ha in dotazione.