Esprimiamo una netta condanna della scelta dei vertici FIAT di operare una prova di forza e di non ottemperare all’obbligo di totale reintegro dei tre lavoratori di Melfi che, secondo il giudice, sono stati licenziati illegittimamente.
Consideriamo questa decisione un errore da tutti i punti di vista. Spostare, infatti, il confronto sociale su un terreno esterno al campo della legalità non potrà che allontanare lo scopo di ammodernare le strutture produttive del nostro paese in un clima in cui concordia e collaborazione prevalgano sulla conflittualità. Le riforme di cui ha bisogno il nostro paese a tutti i livelli, compreso quello delle relazioni industriali, non possono nascere dalla contrapposizione più accesa, dal disprezzo della legalità e dall’annullamento unilaterale dei diritti dei lavoratori.
Non va dimenticato che la crisi in cui si dibatte il mondo industrializzato non è stata creata dai lavoratori o causata dalle loro conquiste e neppure è frutto dei miseri ammortizzatori sociali che li aiutano a sopravvivere quando perdono il lavoro. Non si può ignorare che la delocalizzazione delle aziende in territori dove il costo del lavoro è più basso è un prezzo che i nostri lavoratori pagano alla globalizzazione, non meno che alla cupidigia, senza averne alcuna colpa, né ricavarne alcun vantaggio. Non c’è chi non sappia che se il costo del lavoro è alto in Italia è perché su di esso grava la più forte tassazione sul lavoro (44% contro una media del 24,5 %) nella UE e non certo perché i salari netti siano alti. È noto a tutti che anche prima dell’esplosione della crisi il potere di acquisto di salari e stipendi stava già calando da alcuni anni.
Il prezzo che i lavoratori, i precari e i disoccupati pagano alla crisi è altissimo. Il loro già basso reddito è minacciato, mancano i soldi per finanziare i servizi sociali che potrebbero soccorrerli, e infine la loro stessa perdita di reddito è un ulteriore freno allo sviluppo. Solo se si è consapevoli di ciò si può trovare una soluzione. Ci affianchiamo al Presidente della Repubblica per Invitare tutte le parti in causa a non provocare altri strappi e ad instaurare un confronto sereno, nel quale cercare una soluzione giusta, ragionevole e condivisa che fornisca alla Fiat e a tutte le imprese italiane le migliori condizioni per svilupparsi e dia ai lavoratori la possibilità di un impiego dignitoso.
Fra le parti in causa annoveriamo anche il governo che si sta comportando in modo elusivo. Se le conseguenze su scala nazionale delle scelte di Fiat sono quelle che temiamo, la conflittualità potrebbe allargarsi e tutto il paese ne risulterebbe impoverito. Un governo responsabile non può assistere apaticamente ad un simile disastro solo per poterne addossarne la colpa ad un sindacato.