Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne
Abbiamo smesso di sperare che avere la prima Presidente del Consiglio donna rappresenti l’occasione per scardinare quei meccanismi propri del potere patriarcale che annaffiano con costanza la pianta della violenza maschile contro le donne.
Eppure non possiamo tacere di fronte alla insipienza e alla mediocrità delle soluzioni proposte dalla destra per una tragedia che si perpetua settimanalmente: dopo l’uccisione di Giulia Cecchettin, un’altra donna uccisa da un uomo, Rita Talamelli, allunga l’elenco dei femminicidi, 106 da inizio anno.
La soluzione – perché non si può proseguire pensando di “arginare il problema”, né ragionare come fosse una emergenza, trattandosi invece di una piaga strutturale della nostra società – sta alla fine di un lungo percorso che ha come perno la prevenzione.
Questo governo concentra invece attenzione e attività legislativa sulla fase punitiva, a violenza avvenuta, pur non avendo pene più severe alcun effetto deterrente: tutto indica che il problema sia di carattere socio-culturale, non giuridico legale.
Le norme non servono a niente se non vengono applicate, se le donne non sono credute, se non si agisce a livello strutturale.
Ciò che accade è frutto di un modello di relazione tra uomini e donne che ha radici profonde nella nostra cultura patriarcale e nei modelli di relazioni che il film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi descrive benissimo; ma applaudire al cinema non è sufficiente e l’ipocrisia della contrizione di chi finora ha consigliato “occhi aperti e testa sulle spalle” ha davvero stancato: continuiamo a leggere e ascoltare frasi fatte e buoni propositi che si alternano a esternazioni di ministri e ministre, parlamentari e consiglieri regionali che minimizzano la gravità dei femminicidi, ridimensionano i numeri, negano il patriarcato e addirittura attaccano la sorella di Giulia, Elena Cecchettin che, nonostante il dolore, ha argomentato in modo profondo quali siano le radici della violenza maschile.
Meloni ha deciso di avviare un percorso di educazione alle relazioni nelle scuole (sarà poca cosa, se, come sembra, sarà lasciato alla decisione degli istituti scolastici e subordinato al permesso dei genitori) affidato a tal Alessandro Amadori, intellettuale organico alla Lega, senza nessuna esperienza nel campo, che nel libro autoprodotto “La guerra dei sessi”, dal vago sapore cospirazionista, la violenza diventa cattiveria e quella maschile e femminile sarebbero speculari, ossia ci sono uomini cattivi e donne cattive, e il femminismo è una “psico-ideologia” fatta da donne che invidiano il pene.
Questo è pur sempre il governo che non ha votato a favore dell’adesione della UE alla Convenzione di Istanbul (trattato internazionale per la prevenzione e la lotta alla violenza di genere e domestica) e infatti ha tagliato il 70 per cento dei fondi per la prevenzione della violenza rispetto al 2022.
Basta con queste ipocrite finzioni!
Dalle istituzioni e dal Governo ci aspettiamo di più. Molto di più.
Nicola Minarelli
Segretario provinciale PD Ferrara
Ilaria Baraldi
Portavoce Donne Democratiche Ferrara